Melanie Mitchell, docente di informatica e studiosa di sistemi complessi, nel suo libro L’intelligenza artificiale. Una guida per esseri umani pensanti ci invita a riflettere su una domanda che inquieta molti: l’IA ci libererà dai lavori più faticosi o finirà per sostituirci? Le sue pagine non offrono risposte definitive, ma mettono in luce l’incertezza: la tecnologia ha sempre creato e distrutto occupazione, ma nessuno sa quali saranno le conseguenze complessive dell’IA. È un tema che tocca non solo l’economia, ma il senso stesso del lavoro nella nostra vita.
Per provare a orientarci, possiamo fare riferimento alle stime. Secondo il World Economic Forum i progressi tecnologici, le trasformazioni demografiche, le tensioni geo-economiche e le pressioni economiche porteranno alla creazione di 170 milioni di nuovi posti di lavoro e la perdita di 92 milioni di posti, risultando in un incremento netto di 78 milioni di posti di lavoro (Future of Jobs Report 2025).
Possiamo anche guardare al passato. Manuel Castells, sociologo spagnolo tra i più influenti studiosi della società dell’informazione, nel 2001 pubblicava Galassia Internet, analizzando l’impatto della rete sul lavoro (omaggiando nel titolo La galassia Gutenberg di Marshall McLuhan). Non fu la fine dell’occupazione, ma una trasformazione radicale: nuove competenze, flessibilità estrema, carriere meno lineari e la necessità di apprendere per tutta la vita. Internet non ha cancellato il lavoro, lo ha reso più instabile e più dipendente dalla capacità di adattarsi. Forse l’IA seguirà una traiettoria simile, forse no. Ma leggere queste due voci insieme ci ricorda che il futuro del lavoro non è scritto: è il risultato di scelte tecnologiche, sociali e politiche che stiamo facendo ora.
Buona lettura.
Melanie Mitchell, L'intelligenza artificiale. Una guida per esseri umani pensanti, 2019 (Einaudi, trad. S. Ferraresi).
«Ognuno di noi ha sentito dire che, in futuro, l'IA si farà carico dei lavori che l'uomo non ama fare: lavori scarsamente remunerati, oltreché noiosi, spossanti, degradanti, di sfruttamento, ο più semplicemente pericolosi. Se tutto questo accadrà, sarà una benedizione per la qualità della nostra vita. […] I robot sono già ampiamente usati in fabbrica per mansioni umili e ripetitive, benché molti di tali lavori siano ancora oltre la portata dei modelli attuali. Ma, con il progredire dell'IA, un numero crescente di queste mansioni potrebbe essere automatizzato. Tra le future applicazioni dell'IA nelle professioni potremmo citare i camion e i taxi autonomi, o i robot per la raccolta della frutta, per estinguere gli incendi, per rimuovere le mine antiuomo e per bonificare l'ambiente. Inoltre, i robot vedranno probabilmente crescere il proprio ruolo nell'esplorazione dei pianeti e dello spazio.
La società trarrà realmente dei benefici da sistemi di IA che subentreranno in tali mansioni? Uno sguardo alla storia della tecnologia può farci acquisire la giusta prospettiva. Ecco alcuni esempi di lavori che l'uomo eseguiva e che la tecnologia ha automatizzato ormai da tempo, perlomeno nei Paesi sviluppati: il lavaggio dei panni; il guidatore di risciò; l'operatore di ascensore; il punkawallah (un domestico in India il cui unico compito era far funzionare una ventola manuale per rinfrescare la stanza, prima dell'avvento dei ventilatori elettrici); il computista (un essere umano, in genere di sesso femminile, che svolgeva a mano calcoli tediosi, in particolare durante la Seconda guerra mondiale). Buona parte di voi concorderà sul fatto che, in quei casi, l'avere sostituito in tali mansioni le macchine all'uomo ha migliorato la qualità della vita sotto ogni punto di vista. Potremmo sostenere che l'IA attuale sta semplicemente estendendo lo stesso arco di progresso: migliorare la vita umana automatizzando sempre di più quei lavori necessari che nessuno vuole più fare. [...]
L'IA causerà la disoccupazione di massa?
Non lo so. Io credo che non succederà, almeno non a breve. La massima di Marvin Minsky «le cose facili sono difficili» vale per buona parte dell'IA, ed è probabile che, per i computer (o per i robot), molti mestieri umani siano molto più difficili di quanto possiamo credere.
I sistemi di IA sostituiranno indubbiamente l'uomo in alcune mansioni, e già lo hanno fatto, spesso procurando grandi vantaggi alla società. Ma nessuno sa ancora quali saranno le ricadute complessive dell'IA sull'occupazione, perché nessuno è in grado di prevedere le capacità future delle tecnologie di IA.
Circolano le notizie più disparate sui probabili effetti dell'IA sull'occupazione, in particolare sulla vulnerabilità dei milioni di posti di lavoro nel mondo dei trasporti. È possibile che gli addetti in questo settore saranno prima o poi rimpiazzati. Tuttavia è difficile prevedere quando, considerando l'incertezza sui tempi in cui la guida autonoma diventerà la norma.
Incertezze a parte, la questione del rapporto tra tecnologia e occupazione fa (giustamente) parte delle discussioni sull'etica dell'IA. Diverse persone hanno sottolineato che, storicamente, le nuove tecnologie hanno creato tanti nuovi lavori quanti ne hanno sostituiti, e che l'IA non farebbe eccezione. Forse ridurrà posti di lavoro ai camionisti, ma essendo necessario sviluppare un'etica dell'IA, creerà nuovi posti per i filosofi morali. Lo dico non già per minimizzare il possibile problema, ma per far capire l'incertezza che lo circonda. Una relazione del 2016, minuziosamente documentata, dello U.S. Council of Economic Advisers, sui possibili effetti dell'IA sull'economia, ha evidenziato il seguente punto: «Regna grande incertezza sulla portata di questi effetti, e sulla rapidità con cui avranno luogo. [...] In base alle prove di cui disponiamo attualmente, non è possibile fare previsioni specifiche, e quindi i decisori politici devono prepararsi ad affrontare un ventaglio di esiti possibili».
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Manuel Castells, Galassia Internet, 2001 (Feltrinelli, trad. S. Viviani).
«Se la valutazione nei mercati finanziari fornisce il fattore decisivo per la performance dell'impresa, la manodopera resta la fonte di produttività, innovazione e competitività. Inoltre, la manodopera è più importante che mai in un'economia dipendente dalla capacità di recuperare, processare e applicare informazioni, sempre più online. In effetti, ci troviamo al centro di un'esplosione d'informazione. Secondo uno studio della University of California di Berkeley (Lyman e Varian, 2000), sul Web ci sono circa 550 miliardi di documenti (il 95 per cento accessibile al pubblico) e l'informazione online sta crescendo a un ritmo di 7,3 milioni di pagine web al giorno. La produzione annuale di e-mail è cinquecento volte superiore a quella delle pagine web. La produzione annuale d'informazione in forme differenti nel mondo ammonta a 1,5 miliardi di gigabyte, dei quali, nel 1999, il 93 per cento prodotte in forma digitale.
Da una parte, le imprese hanno accesso a una gamma straordinaria di informazioni che, con l'aiuto dell'immagazzinamento magnetico, del processamento digitale e di Internet, possono es sere ricombinate e applicate a tutti gli scopi, in tutti i contesti.
Dall'altra parte, ciò determina una grande pressione sul lavoro. La e-conomy non può funzionare senza lavoratori in grado di navigare, sia tecnologicamente sia in termini di contenuto, in questo mare profondo d'informazioni, organizzandole, focalizzandole e trasformandole in conoscenze specifiche, appropriate per l'obiettivo e lo scopo del processo produttivo.
Questa manodopera dev'essere altamente istruita e in grado di assumere iniziative. Le imprese, grandi o piccole, dipendono dalla qualità e dall'autonomia della manodopera. La qualità non viene misurata considerando soltanto gli anni di istruzione, ma è soprattutto determinata dal tipo di istruzione. La manodopera dev'essere capace di riprogrammarsi in capacità e conoscenza e pensare secondo obiettivi in cambiamento, in un ambiente d'impresa in evoluzione. Una manodopera in grado di programmar si da sola o autoprogrammarsi richiede un certo tipo di istruzione e il patrimonio di conoscenze e informazioni accumulate nella mente del lavoratore deve essere ampliato e modificato nel corso della sua vita lavorativa. Ciò ha conseguenze straordinarie per le domande poste sul sistema d'istruzione, sia durante gli anni formativi sia durante i processi di riformazione e riapprendi mento che proseguono lungo la vita adulta. Tra le altre conseguenze, una e-conomy richiede lo sviluppo dell'e-learning, come supporto durevole della vita professionale. Gli elementi più importanti di questo processo di apprendimento sono: primo, imparare come imparare, dal momento che molte informazioni specifiche è probabile diventino obsolete nel giro di pochi anni, dato che operiamo in un'economia che cambia alla velocità di Internet; secondo, avere la capacità di trasformare l'informazione ottenuta dal processo di apprendimento in conoscenza specifica. [...]
Di certo, non tutta la manodopera nella e-conomy o nell'e-business è manodopera autoprogrammabile. Nei miei primi scritti proponevo la distinzione tra manodopera autoprogrammabile e manodopera generica. La manodopera generica può essere rimpiazzata dalle macchine o da altra manodopera in qualunque altra parte del mondo, e il mix preciso tra macchine, manodopera in loco e manodopera remota dipende da calcoli ad hoc dell'impresa. Ovviamente, far parte o meno della manodopera generica non dipende dalle qualità del singolo lavoratore ma dagli investimenti sociali e personali di capitale intellettuale. Inoltre, le funzioni della manodopera generica sono utili all'economia complessiva e non sono per natura necessariamente prive di specializzazione. Per esempio, uno dei lavori di servizio in rapida crescita e a bassa specializzazione in tutti i paesi è quello delle guardie di sicurezza private. Di per sé l'attività dovrebbe essere altamente specializzata. Portare un'arma e ottenere la licenza di usarla dovrebbe richiedere un addestramento adeguato: non solo precisione di tiro e conoscenza delle arti marziali, ma anche conoscenza legale, giudizio psicologico, capacità di affrontare situazioni ad alta tensione. Tutte queste qualità richiederebbero una formazione a livello di college e una capacità generale di autoprogrammare le competenze a seconda dei contesti e dell'evoluzione tecnologica. Ciò nonostante, le istituzioni sociali assegnano a questi lavori una priorità bassa in termini di retribuzione, addestramento e procedure di reclutamento, così gli addetti alla vigilanza sono assunti come manodopera generica, spesso con performance di bassa qualità.
Dato che conoscenza e informazioni si diffondono attraverso la società e attraverso il mondo, l'intera forza lavoro potrebbe e dovrebbe diventare autoprogrammabile. Ma fintanto che le istituzioni sociali, le priorità delle imprese e i modelli di disuguaglianza procedono differentemente, la manodopera generica rimane una quantità necessaria piuttosto che una qualità specifica nel contributo decisivo della forza lavoro alla produttività e all'innovazione nella e-conomy.
Una trasformazione fondamentale delle relazioni industriali, comune sia alla manodopera autoprogrammabile sia a quella generica, è la flessibilità. Le forme di networking delle imprese, il ritmo veloce dell'economia globale e la capacità tecnologica di lavorare online, per i singoli e per le imprese, porta all'affermarsi di un modello flessibile di impiego.
La nozione di un modello di carriera prevedibile, con lavoro a tempo pieno in un'azienda o nel settore pubblico, per un lungo periodo di tempo e sotto precise definizioni contrattuali di diritti e doveri comuni, scompare dalla pratica d'impresa, a dispetto della sua persistenza in mercati del lavoro rigidamente regolati e nel settore pubblico in contrazione».
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