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#021 | Un cervello dell'età della pietra nell'era degli schermi di Richard E. Cytowic

25-08-2025 19:00

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Saggistica, what a contrarian thinks,

#021 | Un cervello dell età della pietra nell era degli schermi di Richard E. Cytowic

Non abbiamo l'energia per fare due cose contemporaneamente in modo efficace, figuriamoci tre o cinque. Se ci provate, riuscirete a svolgere ogni compito meno...

«La mia connessione in fibra ottica Verizon invia dati a casa mia a 8.589.934.592 bit al secondo, circa 71.600.000 volte la velocità che la mia materia grigia può gestire. Al massimo, una cellula nervosa può inviare un segnale elettrico 1.000 volte al secondo lungo il suo assone, ma il tempo necessario a un segnale per attraversare una giunzione sinaptica e raggiungere un altro neurone è almeno di circa un millisecondo. Tenendo conto di entrambi questi valori, il cervello può quindi eseguire al massimo 1.000 operazioni al secondo, ed è 10 milioni di volte più lento di un vecchio computer portatile. In termini di consumo di risorse, l'ascolto di una persona che parla utilizza circa 60 bit al secondo di potenza cerebrale, la metà della larghezza di banda che abbiamo a disposizione. Cercare di seguire due persone che parlano contemporaneamente è praticamente impossibile per lo stesso motivo per cui i multitasking vanno male: cercare di gestire due o più compiti contemporaneamente semplicemente supera la nostra larghezza di banda cognitiva e sovraccarica la memoria di lavoro. Potreste obiettare, adducendo come esempio che le persone comunemente leggono mentre usano la macchina cardio, cantano mentre suonano il pianoforte o la chitarra, o guidano mentre parlano al telefono. Queste azioni sono in gran parte automatiche e ripetitive e richiedono poco monitoraggio rispetto a quelle che richiedono un'attenzione vigile. Quando vengono spinte al limite, le cellule viventi si affaticano, rendendo più difficile soppesare le richieste contrastanti e distinguere ciò che è importante da ciò che è banale. Il diluvio di stimoli di oggi chiede al nostro cervello dell'Età della pietra di ordinare, classificare e assegnare livelli di priorità a enormi flussi di informazioni che l'evoluzione non lo ha mai preparato a gestire.

Il termine "multitasking" è un termine improprio, sia che venga applicato alle macchine che ai cervelli umani. Nonostante le affermazioni del marketing, il computer non è multitasking, e nemmeno il cervello. Quest'ultimo semplicemente non può, mentre il processore di un computer divide ogni ciclo di clock e assegna una fetta di tempo, per esempio 200 millisecondi, a ciascun compito. E così via, fino a quando tutto è finito. L'inefficienza intrinseca di dover dividere il tempo del processore è il motivo per cui il computer rallenta progressivamente con il numero delle attività da svolgere. Il cervello reagisce allo stesso modo quando più compiti si contendono l'attenzione. Non abbiamo l'energia per fare due cose contemporaneamente in modo efficace, figuriamoci tre o cinque. Se ci provate, riuscirete a svolgere ogni compito meno bene di quanto fareste se aveste dedicato a ciascuno di essi tutta la vostra attenzione e li aveste eseguiti in sequenza. Secondo Cal Newport, professore di informatica alla Georgetown University, "anche saltare per controllare la posta in arrivo e tornare subito indietro può essere dannoso quanto il multitasking. Stiamo lavorando con nuove tecnologie dirompenti che sono emerse solo alla fine degli anni Novanta". Anche un piccolo passaggio da un'attività in corso a un'altra, dice Newport, è un veleno produttivo.

Clifford Nass, docente alla Stanford University, è stato preveggente nel considerare il multitasking come particolarmente problematico. In uno dei suoi studi più citati aveva fatto l'ipotesi che le persone più impegnate nel multitasking eccellessero nell'ignorare le informazioni irrilevanti e nel passare da un compito all'altro, e di conseguenza avessero una memoria superiore. Si sbagliava su tutti i fronti.

 

Siamo rimasti scioccati. [...] I multitasker sono terribili per quanto riguarda l'ignorare le informazioni irrilevanti. Sono terribili per quanto riguarda mantenere le informazioni nella loro testa ben organizzate e ordinate. E sono terribili nel passare da un compito all'altro.

 

Nass pensava che le persone avrebbero smesso di cercare di lavorare in multitasking una volta che fosse stata mostrata l'evidenza delle loro pessime prestazioni. Ma i suoi soggetti sono rimasti "totalmente indifferenti", e hanno continuato a credersi eccellenti nel multitasking e "in grado di fare di più, di più e di più ancora". Se le persone in un esperimento controllato sono così noncuranti e si rifiutano di cambiare quando vengono messe di fronte alla dimostrazione delle loro prestazioni scadenti, che speranza abbiamo noi che ci muoviamo nel mare quotidiano delle distrazioni digitali?

Le uniche professioni che richiedono il multitasking sono il traduttore simultaneo, il controllore del traffico aereo e la maternità, e le prime due lo richiedono solo per quarantacinque minuti prima di fare una pausa. Guardare la televisione mentre si usa un altro dispositivo intelligente è così comune che oltre il 60 percento degli adulti statunitensi si dedica regolarmente al "multitasking mediale".

 

[…]

 

Un mito duro a morire dice che usiamo solo il 10 percento del nostro cervello; l'altro 90 percento presumibilmente se ne sta a far niente e funge da capacità di riserva. Se la premessa della capacità intellettuale non sfruttata fosse vera, allora le rappresentazioni di personaggi cinematografici che vanno da Johnny Mnemonic a Lucy e Limitless sarebbero documentari anziché fantascienza emozionante.

Eppure, due terzi del pubblico americano e metà degli insegnanti di scienze (ebbene sì!) credono erroneamente al mito del 10 percento, che forse è alla base dell'idea che si possa fare multitasking e superare le distrazioni con la sola forza di volontà. Peggio ancora, più del 75 percento degli insegnanti di scienze americani crede che arricchire l'ambiente di un bambino – con video di Baby Einstein o iPad attaccati a culle, seggiolini per auto e vasini – migliori l'intelletto, nonostante l'assenza di prove a sostegno della loro efficacia. […]

Vivendo in un ambiente sociale ricco, invece, le nostre reti neurali si autocalibrano, si autoassemblano e si adattano agli stimoli, alle esperienze e al contesto. Tuttavia, il consumo di energia ha la meglio su tutti gli altri fattori. Quando misuriamo come il cervello utilizza effettivamente l'energia, l'idea delle riserve inutilizzate non regge. Non c'è una saracinesca da aprire che fornisca più energia per il multitasking o la capacità di formulare pensieri geniali. Per capire perché, basta osservare le dimensioni del cervello e il suo rapporto con l'energia che deve consumare per rimanere in vita. Negli ultimi 2,5 milioni di anni il cervello umano è cresciuto in proporzione molto più velocemente del resto dell'organismo. Il nostro sistema nervoso centrale è nove volte più grande del previsto per un mammifero del nostro peso. La corteccia costituisce l'80 percento del volume del cervello e il suo prodigioso consumo di energia ha dato origine a pasti più calorici e all'invenzione della cottura, che rende più facile assimilare le calorie del cibo e permette di consumare proteine della carne e carboidrati altrimenti indigesti nella loro forma grezza.

Il cervello di un ratto o di un cane consuma circa il 5 percento del fabbisogno energetico giornaliero totale dell'animale. Il cervello di una scimmia consuma il 10 percento. Ho già detto che un cervello umano adulto rappresenta solo il 2 percento della massa corporea, ma consuma il 20 percento delle calorie che ingeriamo, mentre il cervello di un bambino ne consuma il 50 percento e quello di un neonato il 60 percento. Questi numeri sono più grandi di quanto ci si aspetterebbe per le loro dimensioni relative perché, in tutti i vertebrati, le dimensioni del cervello sono proporzionali alle dimensioni complessive dell'organismo. I cervelli grandi sono costosi dal punto di vista calorico per il loro mantenimento, per non parlare del loro funzionamento, e questa discrepanza significa che il fabbisogno di energia è il fattore limitante, indipendentemente dalle dimensioni raggiunte da un determinato cervello».

 

Richard E. Cytowic, Un cervello dell'età della pietra nell'era degli schermi, 2024 (Apogeo, trad. V. B. Sala).

 

L’autore demolisce due convinzioni molto diffuse. La prima è il mito del multitasking: il cervello umano non è progettato per gestire più compiti complessi in parallelo, ma solo per passare rapidamente da uno all’altro, con un costo in termini di efficienza e qualità. La seconda è la leggenda secondo cui useremmo solo il 10% del nostro cervello: in realtà, il nostro sistema nervoso è già al massimo delle sue capacità energetiche, consumando il 20% delle calorie quotidiane pur rappresentando appena il 2% del peso corporeo. Non esistono “riserve nascoste” da sbloccare, né scorciatoie per moltiplicare le prestazioni cognitive.

 

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