«Perché il modello McDonald's si è dimostrato così irresistibile? Quattro sono le allettanti dimensioni che costituiscono il segreto del suo successo e, in senso lato, del processo che porta il suo nome. In sostanza, McDonald's si è imposto perché offre a consumatori, lavoratori e dirigenti efficienza, calcolabilità, prevedibilità e controllo.
Per prima cosa, McDonald's offre efficienza. Vale a dire, è un sistema che mette a disposizione un metodo ottimale per passare da uno stato ad un altro. Ciò significa, in un senso molto generale, che McDonald's offre i mezzi migliori possibili per passare da uno stato in cui si ha appetito a quello del suo soddisfacimento. […] Ci sono altre istituzioni che, sulla scia del modello McDonald's, offrono efficienza analoga nel far perdere peso, nel lubrificare le macchine, nel procurare un paio di occhiali nuovi, nella compilazione della dichiarazione dei redditi. In una società che va in fretta, in cui è probabile che tutt'e due i genitori lavorino, o in cui ci sia un solo genitore, è molto allettante la prospettiva di un modo efficiente di soddisfare l'appetito e tanti altri bisogni. In un mondo molto mobile, in cui tutti si spostano velocemente, in genere in macchina, da un posto all'altro, è quasi impossibile sottrarsi alla tentazione costituita dall'efficienza di un piatto fast food, magari ritirandolo direttamente allo sportello senza uscire dalla macchina. È un modello che ci offre (o almeno è così che si presenta) un metodo efficace per soddisfare molti dei nostri bisogni.
Come i propri clienti, anche i lavoratori dei sistemi mcDonaldizzati funzionano in maniera efficiente. Vengono addestrati a lavorare in questo modo da dirigenti che li tengono sotto stretta osservazione per assicurarsi del risultato. Norme organizzative e regolamenti contribuiscono a garantire un lavoro di grande efficienza.
La seconda caratteristica fondamentale è che McDonald's fornisce calcolabilità, o un risalto particolare agli aspetti quantitativi del prodotto venduto (dimensioni della porzione, costo). La quantità è divenuta sinonimo di qualità; una gran quantità di qualcosa, e una pronta consegna, significano che dev'essere roba buona. Come hanno notato due osservatori della cultura americana contemporanea, «in fondo alla nostra cultura c'è la tendenza a credere che, in generale, “più grande è meglio"». Ed eccoci che ordiniamo un Quarter Pounder, il Big Mac, le patatine giganti. Più recentemente s'è imposto il ludibrio del «raddoppiamento» (per esempio il «Doppio Gigante col formaggio» della Burger King's) e del «triplicare». Possiamo misurarne le dimensioni, e provare la sensazione di prendere una gran quantità di cibo, mentre da parte nostra ci sembra di scucire una cifra irrisoria. Un calcolo che, inutile sottolinearlo, trascura un punto importante: la redditività straordinaria dei punti vendita di fast food e di altre catene, stanno a significare che sono i gestori, e non i consumatori, a fare i migliori affari.
C'è poi un altro tipo di calcolo alla base del successo McDonald's, e riguarda il tempo. Spesso, anche se non in modo esplicito, si fa il conto di quanto tempo ci vuole per arrivare in macchina al ristorante fast food, consumare il pasto e far ritorno a casa, e quindi lo si confronta con il tempo che occorrerebbe per farsi da mangiare da sé. Spesso si arriva alla conclusione, giusta o sbagliata, che la prima soluzione consenta un risparmio di tempo. Questo calcolo del tempo è un elemento chiave nel successo di Domino's e di altre compagnie che fanno consegna a domicilio, e che esaltano il risparmio di tempo. […]
Anche gli addetti ai sistemi mcDonaldizzati tendono a sottolineare gli aspetti quantitativi più che quelli qualitativi del proprio lavoro. E poiché alla qualità non sono concesse grandi variazioni, si concentrano su aspetti come la velocità con cui i compiti vengono eseguiti. In una situazione analoga a quella del cliente, ci si aspetta che chi fa il lavoro ne faccia molto, in gran fretta, e per una paga bassa.
Terzo, McDonald's offre prevedibilità, la garanzia che i prodotti e i servizi offerti dalla compagnia saranno gli stessi nel tempo e da un posto all'altro. Si sa che l'uovo McMuffin consumato a New York è, a tutti gli effetti, identico a quelli che si può mangiare a Chicago o Los Angeles. Come è altrettanto noto che quello che si può ordinare la prossima settimana o l'anno prossimo sarà identico a quello che si mangia oggi. Dà un gran senso di serenità sapere che McDonald's non fa sorprese. Si sa che il prossimo McMuffin avrà più o meno lo stesso sapore degli altri già mangiati, che non sarà terribile, come sappiamo altrettanto bene che non sarà eccezionalmente buono. Il successo del modello sta a indicare che per molti un mondo senza sorprese è quello che si preferisce.
Chi lavora in sistemi mcDonaldizzati si comporta anche in maniera prevedibile. Si seguono in genere regole corporative, e c'è adeguamento alle direttive dei dirigenti. In molti casi, non solo quel che si fa, ma anche quello che si dice, è altamente prevedibile. Le organizzazioni mcDonaldizzate forniscono spesso dei memorandum scritti che gli impiegati sono tenuti a imparare e cui devono rifarsi all'occasione. Questo comportamento programmato contribuisce a creare interazioni fortemente prevedibili tra addetti e clienti. Se è vero che questi ultimi non hanno prescrizioni da seguire, pure la tendenza è di sviluppare formulette semplici per interagire col personale dei sistemi mcDonaldizzati". […]
Quarta caratteristica il controllo, soprattutto grazie alla sostituzione della tecnologia umana con le macchine, esercitato su chi entra nel mondo McDonald's. Una tecnologia umana (un cacciavite, per esempio) viene controllato dagli individui; una tecnologia non umana, artificiale (come la catena di montaggio) tiene gli individui sotto il suo controllo. I clienti del ristorante fast food sono soggetti a controlli, sebbene (di solito) in modo poco evidente. Le file, la limitatezza del menu e le scarse possibilità di scelta, le sedie scomode, tutto porta a fare quel che i gestori desiderano: consumare in fretta e andarsene. C'è poi da dire che il sistema drive-through, di presentarsi in macchina agli sportelli (ma in certi casi ci si deve accostare a piedi), fa sì che i clienti se ne vadano prima di aver consumato. […]
Gli individui che lavorano nelle strutture mcDonaldizzate sono anch'essi sottoposti a forti controlli, in genere in maniera più sfacciata rispetto ai clienti. Vengono addestrati a compiere un numero molto limitato di interventi, ed esattamente nel modo prescritto. Le tecnologie utilizzate e la maniera in cui l'organizzazione è messa a punto rafforzano quel controllo. Gestori e ispettori verificano che gli addetti rispettino le consegne.
McDonald's esercita il suo controllo sugli impiegati anche con la minaccia di sostituire, e in definitiva sostituendo, la forza lavoro con strumenti tecnologici: gli esseri umani, per quanto ben programmati e controllati, possono sempre inceppare il meccanismo. Un addetto fiacco o indolente può condizionare l'efficienza con cui un Big Mac viene preparato e consegnato. Uno che non si limiti a seguire le regole può dimenticare nel farcire un hamburger di metterci la cipolla o la sua salsa particolare, aprendo così le porte all'imprevedibilità. E un lavoratore distratto può mettere troppo poche patatine nel contenitore, dando a una confezione gigante un aspetto tristemente striminzito. Queste ed altre ragioni spingono continuamente McDonald's a sostituire il personale con macchine, tipo il dosatore di bibite che si ferma automaticamente quando il bicchiere è pieno, la friggitrice che avverte quando le patatine sono croccanti, la cassa programmata che elimina la necessità dell'addetto per calcolare prezzi e totali, e forse, in un qualche futuro, il robot in grado di confezionare hamburger". Tutte queste tecnologie consentono un maggiore controllo dell'azienda sui dipendenti. È così che McDonald's è in grado di rassicurare i clienti sul tipo di personale in cui ci si imbatte e sul tipo di servizio che ci si può aspettare».
George Ritzer, Il mondo alla McDonald's, 1996 (Il Mulino, trad. N. Rainò).
La standardizzazione (non solo) del lavoro, come descritta da Ritzer attraverso il modello McDonald’s, rappresenta una delle trasformazioni più incisive del mondo contemporaneo. L’efficienza, la prevedibilità e il controllo non sono più prerogative del fast food, ma si sono estese a settori come la sanità, l’istruzione e i servizi finanziari. Questo approccio riduce la complessità e i margini di errore, ma al tempo stesso impoverisce la dimensione qualitativa del lavoro: i dipendenti diventano ingranaggi di un sistema che privilegia la velocità e la quantità rispetto alla creatività e alla personalizzazione. Il risultato è un ambiente in cui le competenze individuali contano meno delle procedure standardizzate, e dove la tecnologia assume, più di tutto, un ruolo di sorveglianza e una prospettiva di sostituzione.
Tuttavia, questa logica di “mcDonaldizzazione” non è priva di conseguenze sociali e psicologiche. Se da un lato garantisce ai clienti un’esperienza uniforme e rassicurante, dall’altro genera alienazione nei lavoratori, costretti a seguire script rigidi e privati di autonomia decisionale (pratica ben rappresentata da Francis Ford Coppola nel film The Rainmaker del 1997). La promessa di efficienza si traduce in un controllo capillare che riduce la variabilità umana, ma anche la capacità di innovare e di instaurare relazioni autentiche. In questo senso, la standardizzazione non è solo una tecnica organizzativa: è un paradigma culturale che plasma il nostro modo di consumare, lavorare e persino pensare, imponendo un’idea di normalità basata sulla ripetizione e sulla prevedibilità.
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